“Cambia Cavallo”, “Che l’erba cresce”. Uno dei memorabili scambi di battute del film cult “L’allenatore nel pallone”, in cui Lino Banfi veste i panni del mitico Oronzo Canà, mister dell’improbabile Longobarda. Il cambio, le sostituzioni, sono diventati elementi sempre più centrali e rilevanti nel calcio contemporaneo. Soprattutto quando nella ripresa post-lockdown del 2020 i giocatori da cambiare sono passati da 3 a 5 e quindi, fisiologicamente, l’incidenza dei giocatori subentrati è diventata decisamente più rilevante. Basti dare un’occhiata a quello che è successo nell’ultima giornata di Serie A. Il big match di giornata, Milan-Napoli (privo di Osimhen), è stato deciso da una capocciata di Giovanni Simeone, entrato a partita in corso al posto di Raspadori. L’attaccante argentino è stato emulato dal “Carneade” del Monza, il vichingo Christian Gytkjaer, che con un suo gol ha regalato la prima vittoria in Serie A ai brianzoli e inguaiando ulteriormente la Juventus di Max Allegri. Il punto esclamativo del successo della sempre più sorprendente Udinese contro l‘Inter vice-campione d’Italia è stato messo da Tolgay Arslan, uscito anche lui dalla panchina friulana.
Chi ha perso nell’ultimo turno di campionato può invece maledire le assenze. Chissà come sarebbe finita Milan-Napoli se Pioli avesse potuto buttare nella mischia uno tra Rebic e Origi (che spesso in passato sono stati dei fattori dalla panchina), idem per Allegri, se avesse avuto Milik, anche lui decisivo dalla panchina con la Salernitana anche se la Var ha vanificato la sua testata da tre punti. Anche Simone Inzaghi può recriminare sull’assenza di Lukaku, che magari gli avrebbe consentito di far rifiatare Dzeko (a segno nel derby da subentrato), anche lui in grado (eccome) di cambiare il corso delle partite subentrando. La possibilità di cambiare 5 giocatori è un’arma importante in mano agli allenatori, ma può rivelarsi a doppio taglio. Le due simultanee sostituzioni operate da Simone Inzaghi durante il primo tempo di Udinese-Inter si sono rivelate azzardate, perché i nerazzurri sono arrivati con il fiato corto nel finale di partita. Certo, se l‘Inter avesse vinto si sarebbe parlato di mossa geniale del tecnico interista, ma questo è il gioco perverso che gli allenatori accettano il primo giorno che si siedono su una panchina.
Poter cambiare mezza squadra è un’opportunità enorme per gli allenatori, soprattutto per chi ha una rosa numericamente valida, ma non è un obbligo fare le sostituzioni. Disporre di 5 sostituzioni è una possibilità, non un’imposizione. Abusare dei cambi potrebbe dire condizionare un giocatore, magari ammonito nei primi minuti di gioco, e avere degli effetti più che negativi sulla partita. Il timore di giocare in 10 uomini non deve diventare terrore e poi come diceva Nils Liedholm (memorabile anche il suo cameo nella pellicola con Banfi protagonista), con uno in meno si gioca anche meglio.