Non lo vedrete girare per Milano con una maschera verde a scombinare la quotidianità meneghina come Jim Carrey in “The Mask”, ma innegabile che da zero a mito è il sottotitolo perfetto per gli ultimi tre anni di vita calcistica di Stefano Pioli. Il 9 ottobre il tecnico parmigiano viene chiamato a sostituire il disorientato Giampaolo sulla panchina del Milan targato Elliott e gestito per la prima estate da Boban, Maldini e Massara. L’accoglienza del popolo rossonero non è stata certamente delle miglior (eufemismo), su social spopolava l’hashtag #Pioliout ancor prima che il buon Stefano si sedesse per la prima volta sulla panchina milanista. Il debutto non è felice: un 2-2 interno con il Lecce, con pareggio salentino nel recupero. Foschi presagi aleggiavano su Milanello, con voci sempre più insistenti per le quali Pioli sarebbe stato un semplice traghettatore. Dopo qualche buona prestazione alla vigilia di Natale arriva il pesantissimo 0-5 sul campo dell’Atalanta e il futuro del Milan sembra molto più nero che rosso. Boban e Maldini chiamano uno che risolve problemi e visto che il signor Wolf non sa giocare a pallone dall’altra parte del telefono non ci può essere che Zlatan Ibrahimovic. Da gennaio 2020 comincia una lunga rincorsa, i giovani cominciano a crescere sotto l’ala protettiva del totem Ibra e Pioli comincia a rendere più solida la sua panchina. Ma c’è una spada di Damocle sull’allenatore del Milan che ha un nome e un cognome preciso: Ralf Rangnick. A marzo 2020 succede l’imponderabile: il Covid, la pandemia, il lockdown e lo stop alla vita, oltre che chiaramente alla stagione calcistica.
Pioli, da buon stratega, ne approfitta per studiare i suoi calciatori e farsi trovare pronto alla ripresa del campionato che arriva a fine giugno. La svolta arriva in una calda serata di luglio: Rangnick è già l’allenatore del Milan in pectore, Boban ha lasciato per frizioni con Gazidis proprio sulla scelta del tedesco come nuovo tecnico. Quella sera di luglio il Milan batte la Juventus, rimontando 2 gol e qualche giorno arriva la conferma di Pioli. Il Milan continua a crescere: Kjaer diventa il nuovo leader difensivo, Theo Hernandez corre sulla fascia, Kessié giganteggia a centrocampo e Ibra fa Ibra. La tormentata stagione 2019/2020 finisce nei primi giorni di agosto e quella 2020/2021 comincia un mese dopo. Non c’è tanto tempo per fare mercato, però Maldini e Massara convincono Cellino a cedere Tonali e pescano Kalulu in Francia. I rossoneri prima conquistano l’Europa League con l’incredibile notte dei rigori di Rio Ave e poi sono primi in classifica a Natale dopo una vittoria nei minuti di recupero. Gli stadi sono vuoti, ma sui social comincia a rimbalzare “Pioli is on fire”, intonato dai giocatori nel pullman dopo il successo contro la Lazio.
E’ un Milan forte, ma l’Inter è più forte e giustamente vincerà lo scudetto. I rossoneri, con qualche affanno di troppo, conquistano l’agognato ritorno in Champions League dopo 7 anni di assenza dall’Europa che conta. Tutto bene, tutto bello? Anche no, Pioli per la stagione 2021/2022 perde Donnarumma e Calhanoglu e gli avvoltoi ricominciano a volteggiare su Milanello. Arrivano i guasconi Maignan e Giroud, e Stefano da Parma sentenzia all’inizio di stagione:”Leao e Tonali li vedo pronti per una grande stagione”. Sarà così. Il portoghese nel girone di ritorno diventa imprendibile, mentre il bresciano segna (a Roma contro la Lazio) il gol che porta a giocarsi lo scudetto nelle ultime giornate. Il tricolore torna sulle maglie del Milan 11 anni dopo l’ultimo trionfo e il più acclamato è proprio lui: Stefano da Parma. “Pioli is on fire” è il vero tormentone dell’estate 2022, un inno ormai che carica San Siro prima di ogni partita casalinga del diavolo rossonero. 1104 giorno dopo quel 9 ottobre 2019 Pioli viene premiato come miglior allenatore della stagione passata e sembra un bambino per la prima volta a Disneyland: felice, felice, felice. La stagione 2022/2023, ancora una volta, è partita con degli addii importanti: Kessié al Barcellona e Romagnoli alla Lazio, sostituiti da altri giovani da far crescere. E’ un Milan ancora “on fire”, grazie a Stefano da Parma: da zero a mito si può.