Da zero a mito è il sottotitolo di “The Mask”, film che 30 anni orsono fece conoscere il talento istrionico di Jim Carrey a tutto il mondo. Carlo Ancelotti da Reggiolo non è partito da zero nella sua carriera da allenatore, ma vicino allo zero ci è sicuramente arrivato. Eravamo nell’autunno del 1996 quando alla sua prima esperienza da capo allenatore, dopo un po’ di tempo trascorso al fianco di Arrigo Sacchi in Nazionale, rischiava l’esonero dalla Reggiana in Serie B. Di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta: dopo la Reggiana ci sono state le panchine di Parma, Juventus, Milan, Chelsea, Paris Saint Germain, Real Madrid, Bayern Monaco, Napoli, Everton e ancora Real Madrid. Tante vittorie, qualche sconfitta anche pesante e addirittura degli insulti come il “maiale” ricevuto agli albori della sua avventura juventina o il “bollito” incassato dopo l’esonero a Napoli. Le accuse di voler a tutti i costi al suo fianco il figlio Davide, che oggi viene osannato a Madrid come uno dei segreti dei Blancos.
Ancelotti il prossimo 1° giugno giocherà la sua sesta finale di Champions League da allenatore (3 con il Milan e 3 con il Real), oltre alle 2 giocate e vinte da giocatore del Milan. “Io preferisco la coppa” è il titolo di un suo fortunato libro e ormai il rapporto di Carletto da Reggiolo con la coppa dalle grandi orecchie e mistico. Alzi la mano chi dopo la doppietta di Joselu non ha ripensato al gol di Inzaghi-Tomasson nel 2003 contro l’Ajax, alla galoppata di Kakà nel 2007 contro il Celtic, alla capocciata di Sergio Ramos nella finale del 2014 contro l’Atletico Madrid, al doppio graffio di Rodrygo contro il Manchester City nel 2022 o al ciclone Benzema nello stesso anno contro il Psg.
La meraviglia è che Carletto da Reggiolo è sempre lo stesso. E’ quello di “Mi hanno dato del maiale? L’ho ritenuta una grossa offesa per il maiale, che dalle mie parti è un animale molto importante.” E’ sempre quello che esulta con le braccia basse, che abbraccia i giocatori come si fa con un figlio. E’ sempre quello che sa da dove è partito, dal quasi esonero con la Reggiana. E’ sempre quello, che alleni Pietro Strada, Kakà o Vinicius, con il sorriso accennato di chi la sa lunga e con il sopracciglio fuori controllo come massimo segno esteriore di stress. Il Santiago Bernabeu è il suo tempio, come in passato lo sono stati San Siro O Stamford Bridge, ma ora nel mirino c’è Wembley e un Borussia Dortmund da battere, per continuare a vincere e ad essere sempre lo stesso ragazzotto di Reggiolo. Carletto Ancelotti, come lui nessuno mai.