Non bastava la scomparsa dell’eroe di Italia ’90, un crudele mercoledì 18 settembre ha anche sancito la fine della permanenza sulla panchina della Roma di Daniele De Rossi. Uno dei figli prediletti della Lupa giallorossa è stato licenziato dopo sole 4 giornate di campionato, anche se il suo esonero ha radici più profonde del semplice gol di De Winter nel recupero di Genoa-Roma. Danielino è arrivato a gennaio al capezzale di una Roma sfinita dall’egocentrismo di Mourinho e ha decisamente risollevato della squadra romanista, sfiorando anche la finale di Europa League. Nel frattempo però succedevano cose nella stanza dei bottoni di Trigoria. I Friedkin spedivano il francese Florent Ghisolfi come direttore sportivo e la greca Lina Souloukou come amministratore delegato oppure Chief Executive Officer & General Manager nel linguaggio alla Gordon Gekko.
La panchina di De Rossi si è fatta sempre più traballante, soprattutto dopo il caso Dybala. L’argentino era ad un passo dall’Arabia, tanto che all’esordio a Cagliari è partito dalla panchina, per poi cambiare idea e restare all’ombra del Colosseo. A questo punto il mercato romanista ha cambiato decisamente rotta, con l’espressione di Danielino che si è fatta sempre più cupa. Una rosa quasi completamente de-romanizzata, con l’addio di Bove e l’accantonamento di Zalewski, con Pellegrini sempre nel mirino di una certa parte della tifoseria. Si parlerà tanto di quello che è potuto succedere nel menage De Rossi-Ghisolfi-Souloukou (chiamata “giraffa” e non affettuosamente da Mourinho), intanto al timone romanista è già arrivato Ivan Juric: difesa a 3, combattimenti uomo contro uomo e non troppo spazio alla fantasia, questo il credo dell’ex tecnico di Verona e Torino.
Cosa resta dell’era De Rossi allenatore: buone idee calcistiche, una comunicazione sana e quella faccia che trasuda romanismo a ogni smorfia. Come ha detto Francesco Totti nel calcio di oggi non ci stanno bene le figure ingombranti come lui, Maldini e Del Piero. Evidentemente nel calcio contemporaneo dei Gordon Gekko non c’è spazio per il cuore. Ma questo l’abbiamo capito da diverso tempo. Incluso lo sceriffo di Ostia.