29 aprile 1970, a Las Vegas nasceva Andre Agassi. Oggi, cinquantacinque anni dopo, il suo nome continua a brillare come quello di uno dei tennisti più iconici di tutti i tempi, capace non solo di conquistare ogni trofeo esistente, ma anche di rivoluzionare l’immagine stessa del tennis. Un campione assoluto, per molti un ribelle, per molti altri un simbolo. A soli 18 anni saliva al numero 12 del mondo, con i suoi capelli lunghi, i jeans strappati e una racchetta Prince Graphite 110 tra le mani. Ed era già chiaro a tutti che quel ragazzo non era come gli altri. In campo non portava solo il suo straordinario talento, ma anche un modo nuovo di vivere il tennis: diretto, autentico. E quel ragazzo ribelle ha conquistato tutto, tutti i grandi titoli del tennis.
Ma dietro quell’atteggiamento un po’ da rockstar e un po’ da dissidente, si nascondeva una realtà più dura. Il tennis all’inizio per lui era una gabbia, costruita da un padre ossessionato dal successo. Agassi ha raccontato più volte quanto almeno da giovane ha odiato quello sport che poi l’ha reso leggenda.
La sua carriera è un monumento all’eccellenza. È stato il primo tennista della storia a completare il “Career Super Slam”: ha vinto tutti e quattro i tornei del Grande Slam (Australian Open nel 1995, 2000, 2001, 2003; Roland Garros nel 1999; Wimbledon nel 1992; US Open nel 1994 e 1999), la medaglia d’oro olimpica in singolare (Atlanta 1996), la Coppa Davis per ben tre volte (1990, 1992, 1995) e le ATP Finals (1990). A questi si aggiungono titoli in tutte le categorie principali del circuito professionistico: Masters Series, ATP 500 e ATP 250.