?Bel bottino per i proprietari dell’UFC (la più importante organizzazione nel campo delle MMA a livello globale), Ari Emanuel e Patrick Whitesell, che nel 2021 hanno portato a casa un capitale sbalorditivo che ammonta a 330 milioni di sterline?. A quanto pare non hanno saputo premiare uno dei loro migliori combattenti, ?Paddy Pimblett, che ora minaccia di non voler più salire sul ring❌, fino ad un nuovo, più cospicuo contratto. La paga dei fighters nell’UFC è stata un argomento controverso per diversi anni. La promozione ha mantenuto la sua percentuale di compartecipazione alle entrate con i suoi combattenti a circa il 17% nell’ultimo decennio, ma tale cifra è stata aumentata fino al 20% nel 2021?.
Pimblett dal canto suo, non molla. Il suo potere da star⭐️, ha giocato un ruolo essenziale nell’evento UFC di Londra a marzo, attirando un gate record di 3,4 milioni di sterline, il più alto nella storia dell’arena O2 e di Fight Night?. Vincita e bonus di prestazione a parte, a Pimblett sono stati garantiti solo £ 9.000 per la sua apparizione. Paddy ha infatti dichiarato che, senza le entrate degli sponsor, non avrebbe messo piede sul ring in quell’occasione☝?!
Emanuel non vuole piegarsi??, affermando che la paga dell’atleta in questione, è aumentata del 600% dal 2005 e si è rifiutato di discutere la questione quando gli è stato chiesto di un ipotetico aumento, considerata la base delle entrate complessive. Va precisato che secondo il Wall Street Journal, un solo giorno di paga di Emanuel è superiore a quello di tutti gli altri dirigenti di Hollywood ed è la cifra più alta di qualsiasi altro CEO nell’S&P (Standard and Poor’s)?.
Pimblett ha ammesso che non ha intenzione di combattere⚡️ fino a quando l’UFC non gli offrirà un nuovo contratto, ipotizzando, o meglio sperando, che il desiderato aumento, arrivi subito dopo il suo prossimo incontro (qualora deciderà di partecipare). Le sue ultime dichiarazione, non lasciano dubbi riguardo la sua posizione: “Questo è l’obiettivo, più zeri su quel conto in banca“.?
Fonte “Mirror” by Harry Davies