Dopo oltre un secolo di storia, il Brescia Calcio saluta il calcio professionistico. L’ufficialità è arrivata nella mattinata di giovedì 3 luglio, con il comunicato della FIGC che sancisce definitivamente l’estromissione della società lombarda dai campionati professionistici. “Il Consiglio federale delibera di prendere atto della intervenuta non concessione della Licenza Nazionale 2025/2026 e della conseguente non ammissione della stessa al campionato di Serie C”.
Una decisione che chiude un’odissea lunga settimane, segnata da scadenze mancate, silenzi e debiti accumulati. Il comunicato federale ripercorre dettagliatamente le inadempienze della società: mancato versamento della tassa d’iscrizione alla Serie C, assenza del deposito cauzionale da 350mila euro richiesto come garanzia, mancati pagamenti degli emolumenti a tesserati, dipendenti e collaboratori, omissione dei versamenti Irpef e contributivi Inps, e soprattutto l’insoluto da 1,1 milioni di euro verso la Lega Serie B, relativo a debiti scaduti il 31 gennaio scorso.
Alla data del 27 maggio, il Brescia non aveva adempiuto a nessuno degli obblighi richiesti per ottenere la licenza. La Federazione, preso atto della situazione, ha così sancito la non ammissione al prossimo campionato di Serie C. È l’atto finale di una crisi profonda, maturata sotto la gestione del presidente uscente Massimo Cellino.
E a fare ancora più rumore, oltre alla fine sportiva, è anche l’epilogo umano. I 13 dipendenti rimasti in forza alla società sarebbero stati licenziati – secondo indiscrezioni non ancora confermate – con una semplice mail.