Nuovi talenti del calcio, dal Maghreb al Caucaso: la mappa globale secondo Riccardo Pecini
Sul concetto nuovi talenti del calcio, quello mondiale sta vivendo una profonda trasformazione geografica. Se per decenni l’attenzione è stata catalizzata quasi esclusivamente su Europa occidentale e Sud America, oggi lo scenario è molto più ampio e dinamico. Secondo Riccardo Pecini, ex dirigente di Serie A e oggi consulente internazionale di scouting, il presente del calcio è nel Maghreb, mentre il futuro passa dal Caucaso e dall’Asia Centrale.
Questa analisi nasce dall’intervista rilasciata da Pecini a Il Fatto Quotidiano, che puoi leggere integralmente qui.
Il Maghreb: il presente dei nuovi talenti del calcio
Marocco, Tunisia, Algeria ed Egitto rappresentano oggi una delle aree più fertili al mondo per nuovi talenti del calcio, grazie a una combinazione di fattori difficilmente replicabile altrove: infrastrutture, programmazione, passione popolare e continuità progettuale.
Tutte e quattro le Nazionali si sono qualificate ai Mondiali, un risultato che non è casuale ma figlio di investimenti avviati oltre vent’anni fa. Il Marocco è l’esempio più emblematico: già nel 2008 il centro federale di Rabat colpiva per modernità e visione. I risultati attuali delle Nazionali giovanili sono la naturale conseguenza di quel percorso.
I soldi non creano il talento, ma servono per organizzarlo, rifinirlo e non disperderlo.
Sud America e nuove frontiere emergenti
Argentina e Brasile restano riferimenti storici, ma Pecini invita a guardare oltre. Paesi come Ecuador hanno costruito negli anni una struttura solida, investendo fin dalle giovanili (già dal Sudamericano Under 17 del 2011), arrivando oggi a produrre calciatori di qualità e un campionato competitivo, capace di attrarre anche giocatori argentini.
Accanto al Sud America, emergono realtà meno tradizionali ma profondamente influenzate dai flussi migratori, come gli Stati Uniti, dove il sistema scolastico continua a giocare un ruolo centrale nello sviluppo sportivo.
Infrastrutture: l’Est Europa corre veloce
Se Germania e Inghilterra restano irraggiungibili per qualità complessiva degli stadi, l’Est Europa è l’area che sta crescendo di più a livello infrastrutturale.
Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Albania, Serbia e Croazia stanno investendo massicciamente in stadi e centri sportivi. Qui lo sport mantiene una valenza sociale, non è solo intrattenimento, e questo orienta le scelte politiche ed economiche.
Anche Danimarca e Paesi scandinavi rappresentano modelli avanzati: stadi moderni, aree famiglie e una concezione della partita come evento comunitario.
Dove il calcio è ancora passione pura
Quando si parla di passione popolare, Pecini non ha dubbi: il Maghreb vive il calcio in modo quasi religioso, dal Marocco all’Egitto. Gli stadi, come quello di Casablanca, ricordano per intensità ambienti iconici sudamericani come la Bombonera.
Allo stesso modo, Iran e Sud America rappresentano luoghi dove il coinvolgimento emotivo resta viscerale. Un giovane che cresce in questi contesti difficilmente sarà intimidito dai grandi palcoscenici europei.
Ma per strada, si gioca ancora a calcio?
Sì, eccome. Fuori dall’Europa occidentale, il calcio informale è ancora diffusissimo: Africa, Caucaso, Asia Centrale. A Yerevan come in molte città africane, bambini e ragazzi giocano ovunque sia possibile.
In Europa occidentale, invece, sono spesso le sovrastrutture a limitare questa spontaneità. Il controllo continuo del pallone, fuori da schemi e orari di club, resta una componente fondamentale della formazione.
Paesi e ruoli: esistono ancora specializzazioni?
Secondo Pecini, si. Alcuni Paesi continuano a “produrre” profili specifici:
- Portieri: Repubblica Ceca
- Centravanti: Argentina
- Attaccanti di profondità: Nigeria
- Difensori veloci: Africa, spesso con formazione europea
Nei Paesi meno influenzati dalle migrazioni i trend restano chiari, mentre dove la seconda generazione è protagonista si assiste a una contaminazione che arricchisce il calcio sia tecnicamente che culturalmente.
Allenatori: l’apertura crea qualità
Lo scouting, però, non riguarda solo i calciatori. I Paesi che producono più allenatori di qualità sono quelli che si sono aperti al confronto internazionale.
La Premier League è l’esempio massimo, ma anche la Danimarca ha beneficiato dell’ingresso di tecnici stranieri, arrivando oggi a esportare allenatori in tutta Europa. Un processo simile è in corso in Francia, dove l’apertura ha stimolato una crescita culturale prima assente.
L’Italia i giocatori li prepara con molta calma, ma ci sono posti in cui invece i giocatori sono pronti prima e, sempre secondo l’ex dirigente di Serie A, questo succede dove i ragazzi giocano prima e dove l’errore è concesso. In Norvegia e Danimarca i classe 2009 trovano spazio tra i professionisti. Questione di approccio culturale differente che non penalizza la competitività, ma accelera la maturazione dei nuovi talenti del calcio.
Il Paese calcistico del futuro
Nel calcio il futuro arriva rapidamente. Secondo Pecini il Maghreb è già il presente mentre Caucaso e Asia Centrale rappresentano il futuro con margini di crescita enormi nei prossimi 5, 10 anni.




