La suddivisione geografica della NBA esiste dal 1970. Cinquantaquattro anni fa la lega decise di separare Est e Ovest per ragioni logistiche: ridurre i viaggi, ottimizzare i calendari, contenere i costi. Mezzo secolo dopo quella decisione mostra tutte le sue crepe. Le ultime stagioni stanno amplificando un problema che molti osservatori considerano ormai strutturale. Nelle ultime 27 stagioni l’Ovest ha conquistato 18 anelli. Un dominio quasi imbarazzante che negli ultimi anni si è ulteriormente accentuato, con otto titoli nelle ultime dodici stagioni. E allora la domanda sorge spontanea: ha ancora senso la divisione in Conference? L’analisi pubblicata da Yahoo Sports nella passata stagione offre spunti interessanti per rispondere.
NBA Eastern Conference: il declino dell’Est non è una novità
A fine dicembre 2025 entrambe le Conference contano otto squadre sopra il 50% di vittorie. Equilibrio? Tutt’altro. Dall’inizio del millennio la Western Conference ha dimostrato una superiorità quasi imbarazzante. Se il trend dovesse confermarsi, l’Ovest chiuderebbe con più vittorie dell’Est per la venticinquesima volta nelle ultime ventotto stagioni.
In questo arco temporale anche l’anello è finito più spesso a Ovest (sedici contro nove nelle ultime venticinque stagioni). Dietro questi numeri ci sono anche due delle dinastie più dominanti della storia NBA, entrambe occidentali: i San Antonio Spurs di Gregg Popovich e i Golden State Warriors di Kerr. Dall’altro lato, a Est hanno proliferato franchigie che hanno collezionato stagioni disastrose, trascinando in basso l’intera Conference.
Delle nove squadre col peggior record NBA dalla stagione ’99-’00 ad oggi, otto militano nella Eastern Conference, incluse le tre peggiori in assoluto (Wizards, Hornets/Bobcats e Knicks).
NBA Western Conference: le superstar scelgono l’Ovest
Non sorprende che molte stelle della lega preferiscano giocare nella Western Conference piuttosto che nell’Eastern, per motivazioni sia sportive che ambientali. Si parla di clima, di temperature gradevoli tutto l’anno, dello stile di vita della costa occidentale. Ma soprattutto si parla di confrontarsi con i migliori talenti del pianeta, concentrati prevalentemente a Ovest.
Lo dimostrano le trade e le firme dei free agent, che evidenziano una chiara tendenza a spostarsi da Est verso Ovest, ma lo confermano soprattutto i quintetti All-NBA degli ultimi anni. Mai, neppure una volta, l’Est ha avuto più giocatori dell’Ovest nei tre quintetti All-NBA complessivi. Una statistica eloquente, che fotografa come i campioni della lega privilegino la costa occidentale.
Espansione e riforme: le carte che Silver può giocare
La soluzione potrebbe arrivare dall’espansione. Nel mondo NBA se ne parla da tempo: la lega è ferma a trenta franchigie dal 2004, quando arrivarono i Charlotte Bobcats (oggi Hornets). Allargare il roster delle squadre significa aprirsi a mercati inesplorati e generare nuove opportunità economiche, e per questo il tema è tornato prepotentemente d’attualità.
Le candidate principali sono due: Seattle e Las Vegas. La prima rappresenterebbe un ritorno storico dopo l’addio dei Supersonics nel 2008, una ferita mai rimarginata per i tifosi del Pacifico nord-occidentale. Las Vegas invece segnerebbe un debutto assoluto per la NBA, nonostante la città ospiti già da anni la Summer League e dalla scorsa stagione le finali della NBA Cup.
Se l’espansione dovesse concretizzarsi (si ipotizza 2027/2028), la lega si troverebbe costretta a ridisegnare la mappa delle Conference. Entrambe le candidate sono occidentali, quindi una tra Minnesota, Memphis e New Orleans dovrebbe spostarsi a Est per ristabilire l’equilibrio numerico.
L’occasione potrebbe essere propizia per ripensare anche l’accesso ai playoff. Da anni i tifosi reclamano un sistema 1-16 che ignori le divisioni geografiche. Il formato sarebbe oggettivamente più giusto e ai playoff andrebbero le migliori sedici squadre del campionato. Nessuna franchigia resterebbe esclusa per il solo fatto di militare nella Conference sbagliata.
Ma la NBA ha un rapporto viscerale con la propria storia, con i record e le rivalità storiche tra Conference. Resta da vedere se Adam Silver avrà il coraggio di intervenire in modo così radicale, restituendo appeal ai primi turni della postseason. La sfida è trovare il punto d’incontro tra meritocrazia sportiva, attrattiva dello spettacolo e logiche di business. Finora la NBA ha sempre dimostrato di saperlo fare meglio di chiunque altro.




